La stampa dell’epoca definì varie volte “carrarmato” la Formula Italia grazie alla robustezza dimostrata dal suo telaio in occasione di scontri, urti o ripetuti capottamenti, tutte circostanze che fortunatamente non si sono mai concluse con conseguenze irreversibili per i piloti.
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Inoltre, in occasione dell’esordio a Monza nel 1972, la stampa dette risalto a varie critiche riguardanti la monoposto, tra cui la limitata rigidezza torsionale del telaio che a volte innescava il sollevamento della ruota anteriore interna alla curva.
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A questo problema rimediarono con un intervento elementare: fu invertita la barra di torsione anteriore (diametro mm.15) con quella posteriore (mm.12).
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Il telaio della monoposto è un traliccio in tubolare d’acciaio che la scheda tecnica della CSAI precisava essere di classe Aq35. La sigla “Aq”, ormai desueta, significava “Acciaio di qualità”.
Si è parlato di questo tema con Sergio Seccatore, gran conoscitore della SE025 Formula Italia avendo partecipato in prima persona in Abarth alla progettazione ed avendo assistito alla realizzazione. Col suo consenso pubblico questo suo contributo: “Ricordo benissimo quando feci il disegno del telaio SE025-0001. Alla voce materiale, in tabellina, misi Acc. Aq.35 Cr. 80 Kg/mmq. Questo tipo di materiale, veniva usato solitamente per tutti i tipi di telaio in uso all’Abarth (tubi in acciaio trafilato senza saldature). Naturalmente, oggi si potrebbe usare tranquillamente dell’acciaio 25CD4, che a quei tempi si trovava solo ed esclusivamente in Inghilterra ma bisognava ordinarne un certo quantitativo. Io personalmente, non riuscii a trovarne facilmente fino a fine 1975, quando mi trovavo ormai da Osella e dovevo costruire i telai dei prototipi PA3 e seguenti (Sergio Seccatore)”.
Un altro interessante contributo in materia è stato fornito da Massimo Parenti, grande appassionato e attualmente meticoloso restauratore di una SE025 in suo possesso: “riguardo al materiale: l’acciaio da costruzioni utilizzato dall’Abarth era un tubo trafilato senza saldatura denominato Aq35 UNI 663/68. La norma aggiornata cui presumo si possa fare riferimento è la EN 10216-1:2014 (parte 1: Tubi di acciaio non legato per impieghi a temperatura ambiente). Queste sono le mie precisazioni:
A) Acciaio Aq35: è una sigla oggi sostituita dalle nuove Norme Internazionali (vedi sopra)
B) quel tipo di materiale (acciaio da costruzioni), per le proprie caratteristiche era rispondente al tema relativo alle specifiche imposte da CSAI ad Abarth e, di conseguenza, ai suoi progettisti. Perciò, come per tutti i componenti, doveva rispondere a requisiti di affidabilità, sicurezza, e nel contempo di massimo contenimento dei costi complessivi, al fine di consentire facile gestione ed accesso ad un campionato “aperto al maggior numero possibile di giovani”
C) tutti i componenti furono quindi studiati per rispondere ai requisiti di cui sopra, ovvero: sicurezza, affidabilità, economicità, reperibilità di ricambi a costo contenuto, eccetera. Per i progettisti lo sviluppo di un tema che rispondesse alle predette specifiche era un compito molto arduo e allo stesso tempo ricco di soddisfazioni. Il progetto SE025, dal mio punto di vista, fu un capolavoro: se un progettista si trova a dover sviluppare un progetto con una serie così restrittiva di vincoli, è costretto a fare continue scelte volte a “centellinare e risparmiare” su tutto, senza tuttavia, compromettere il risultato finale.
Parlando del telaio: questo componente, come del resto tutti gli altri, doveva essere affidabile, di facile manutenzione (leggi “riparazione” in caso di incidente) e di costo contenuto, specie nella scelta del materiale. L’Aq35 era, all’epoca, un buon materiale da costruzione. Tuttavia vi erano e vi sono ad oggi, vari materiali con caratteristiche meccaniche di gran lunga superiori ma certamente più costosi. In generale possiamo dire che si era alla ricerca delle seguenti caratteristiche:
– Resistenza meccanica buona: la resistenza a trazione cui un “provino” di materiale resiste ad un determinato carico.
– Limite Elastico: valore entro il quale un provino sottoposto ad un carico, ritorna alle proprie dimensioni iniziali senza deformazioni residue, quando il carico viene eliminato.
– Saldabilità: caratteristica molto importante nella costruzione del traliccio e nelle successive, eventuali, “manipolazioni” di ripristino dovute ad incidenti.
– Resilienza: è la capacità di un materiale di assorbire forze dinamiche (es. urti) fino alla eventuale rottura, attraverso deformazioni elastiche e plastiche (duttilità del materiale).
– Rigidezza (del telaio completo): è una caratteristica che nelle strutture a traliccio come il telaio F. Italia, si ottiene con opportuno “disegno” del traliccio stesso, con rinforzi posizionati “ad hoc” (e qui entra in gioco l’esperienza del progettista…) e conseguente contenimento del peso complessivo. Altro metodo per ottenere una elevata rigidezza sarebbe stato l’aumento delle sezioni dei tubi ma ciò avrebbe avuto effetti diretti sul peso, sugli ingombri e sui costi. Un tempo per strutture così complesse si procedeva per successivi passi con prove sperimentali fino al raggiungimento del valore di rigidezza (kgm/grado) ritenuto soddisfacente.
Oggi con la struttura definita a CAD in 3D è molto più semplice verificare la struttura (FEM) senza passare dalle prove in officina, almeno nella fase di studio.
Nel processo di fabbricazione dei tubi un passaggio importante è il trattamento termico di Normalizzazione che, a mio parere, varrebbe la pena di considerare all’atto dell’acquisto di tubi per riparazioni o sostituzioni del telaio SE025. La “normalizzazione” in acciaieria avviene in forno, in una fase successiva alla produzione del semilavorato, trattando il profilato a temperature elevate (di poco superiori a quella che nei diagrammi delle leghe ferro/carbonio con acciai a basso contenuto di C, indica la fase di “austenitizzazione”) e ad un successivo, lento, raffreddamento in aria. Si ottiene così una struttura del metallo, omogenea a grana “fine” e quindi migliore sotto il profilo della resistenza e di altre caratteristiche meccaniche, rispetto a quelle di partenza. La “normalizzazione” serve ad annullare ogni eventuale trattamento termico precedente che alteri le caratteristiche meccaniche del materiale e/o eventuali micro-cricche da deformazione plastica subìte dal semilavorato in fase di processo od altro, che in alcuni casi, possono far insorgere disomogeneità nella struttura cristallina. Quali son oi benefici della “normalizzazione”? Il “grano cristallino” con questo trattamento, come ho detto sopra, si affina e rende più omogenea la struttura, tanto da renderla più uniforme e, per così dire, dall’andamento più “ordinato”. Tutto ciò a vantaggio della migliore lavorabilità e rispondenza alle caratteristiche meccaniche specifiche, attese per quel determinato acciaio. Attualmente il trattamento termico di Normalizzazione che ho appena descritto è diffusamente applicato ai semilavorati forniti dalle acciaierie, ma è comunque consigliabile verificarne l’avvenuta introduzione attraverso il controllo del Certificato di Conformità del semilavorato stesso all’atto dell’acquisto. Il semilavorato, ossia il tubo, avrà un costo maggiore, ma quel trattamento termico porterà vantaggio alle successive “prestazioni” nelle applicazioni d’uso del semilavorato stesso.
Il mio contributo ha il solo scopo di evidenziare le qualità del progetto SE025 e di coloro i quali hanno concorso alla sua realizzazione (Sergio Seccatore in primis). Per quanto riguarda la scelta di un materiale per riparare o sostituire il telaio di una vs Formula Italia, non ci si può permettere di fornire consigli.
(Massimo Parenti)
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C’è un aspetto singolare, nella composizione del telaio: le due barre longitudinali inferiori sono anche una parte del circuito di raffreddamento del motore.
Come si può vedere nello schema i manicotti vi si collegano ai lati, e vi è poi collegato il radiatore presente nel musetto.